Lunedì 17 luglio 2017 la consigliera comunale Giulia Di Girolamo ha presentato il seguente intervento di inizio seduta in Consiglio comunale merito alla presenza della camorra a Bologna.

In allegato è inoltre consultabile il comunicato stampa.

Un funzionario infedele, considerato organico ai camorristi. Non un complice e neppure un corrotto. Ma un affiliato”. Una vicenda gravissima, riportata dai giornali della scorsa settimana, che vede coinvolto un direttore della filiale Bolognese della Cassa di Risparmio di Ravenna, a cui la DDA di Napoli ha deciso di contestare l’associazione a delinquere di stampo camorristico, il cosiddetto 416 bis. Il direttore di banca, definito insospettabile e per questo persona indispensabile per riciclare denaro sporco proveniente da traffici illeciti (quali usura, truffe alle assicurazioni, abusiva attività finanziaria, tutti reti consumati al di fuori del nostro territorio) per conto di noti clan della camorra quali Puca, Mallardo, Di Lauro, gli Scissionisti , è finito nell’inchiesta “Omphalos”, un’inchiesta che grazie al lavoro congiunto di Guardia di Finanza di Bologna e DDA di Napoli vede indagate 57 persone a vario titolo e che ha portato al sequestro di 700 milioni tra conti, appartamenti, veicoli. Era dunque Bologna, come riporta la stampa, il cuore di questo maxi riciclaggio, denaro che finiva in conti privati per poi transitare come capitale sociale nel settore immobiliare. In questo scenario di fondamentale importanza per portare avanti gli affari illeciti dei clan, la conoscenza maturata sotto le Due Torri tra un imprenditore edile e il direttore, quest’ultimo, a detta degli inquirenti, perfettamente cosciente di prestare il suo servizio al sodalizio camorrista. Uno scenario inquietante dunque, che crea ancora stupore.
Ecco appunto stupore, quantomai ingiustificato, viste le numerose inchieste sul riciclaggio che hanno interessato la nostra città in anni passati, lo svolgimento del processo Black Monkey e l’inchiesta Aemilia, che ha soltanto lambito la nostra città. Come dichiara il professor Enzo Ciconte, uno dei massimi studiosi delle mafie a livello nazionale e locale, questa vicenda “E’ TUTTO ECCETTO UNA NOVITA’. SONO 30 ANNI CHE SI RIPETE LO STESSO SCHEMA”. Come giustamente afferma Ciconte, “BOLOGNA E’ UNA CITTA’ RICCA E OPULENTA”, dove è possibile fare ottimi affari, movimentare denaro sporco, ripulirlo e investire. Quindi, si chiede Ciconte, “COME POSSONO LE MAFIE METTERLA DA PARTE?”.

Una domanda interessante e alquanto impegnativa. Nonostante, quindi, il grande impegno che le istituzioni locali, la Regione e le forze dell’ordine hanno messo e stanno mettendo per combattere le mafie nel nostro territorio, il problema torna alla ribalta, la società civile è ancora poco consapevole rispetto a questo problema e noi come istituzioni abbiamo il dovere di fare di più.

Il nostro compito, a mio avviso, è quello, da una parte, di parlare, quanto più dettagliatamente di questi fenomeni, portarli dentro questo Consiglio Comunale e fuori, nel dibattito cittadino, dandogli l’importanza che meritano, alimentando una coscienza e una conoscenza civili in grado di riflettere e reagire. Ma, come ci dimostra questa inchiesta, dobbiamo costantemente monitorare anche il mondo complesso e appetibile delle professioni, fornendo un supporto per quanto nelle nostre competenze, contribuire adapprofondire la conoscenza di questi fenomeni che, è il caso di dirlo, troppo spesso ormai si verificano nel nostro territorio.

La politica e le istituzioni tutte devono farsi carico di questo problema, che incide profondamente, come ho più volte sottolineato, nella nostra economia, nella nostra società e dunque nella nostra vita, inquinando la democrazia, l’indipendenza e in questo caso la libertà professionale. Se da una parte troviamo infatti professionisti compiacenti, consapevoli di prestare il proprio servizio a gruppi mafiosi, dall’altro abbiamo persone che ogni giorni svolgono il loro lavoro con responsabilità. Occorre quindi, con intransigenza combattere questi fenomeni e impegnarci per rafforzare queste reti di professionisti onesti e responsabili, che non si piegano a logiche di malaffare e far sentire loro tutto il nostro appoggio, non solo morale, sostenendoli ad esempio nella denuncia e mettendo in campo delle attività di supporto che possano aiutare a chiarire e conoscere i rischi legati alla loro professione contestualmente a al tema delle mafie.

C’è ancora molta strada da fare, investendo su una concreta battaglia culturale da parte di tutti, istituzioni, mondo delle professioni, commercianti, società civile. Non è più il momento di stupirsi dunque, ma è arrivato il momento di reagire.