Nella seduta di lunedì 23 luglio 2018 la consigliera comunale PD Isabella Angiuli ha presentato il seguente intervento di inizio seduta in Consiglio comunale in merito al livello di tassazione delle piccole e medie imprese della nostra regione.

Online è inoltre disponibile il relativo comunicato stampa.

Il fisco pesa sempre di più sulle piccole imprese italiane: quest’anno siamo al 61,4% del reddito come media nazionale, con profonde differenze nella tassazione locale, tanto da far parlare di “pressioni” e non di una sola “pressione fiscale”: è questa la sintesi che fotografa la complessa realtà italiana. Di seguito riporto alcuni dei dati sui 137 Comuni del Belpaese, contenuti nell’Osservatorio Comune che vai, fisco che trovi, giunto alla quinta edizione e presentato il 17 luglio scorso nell’auditorium della CNA di Piazza Armellini a Roma.

L’indice di riferimento è il cd. “Total tax rate” ovvero l’ammontare di tutte le imposte e dei contributi sociali obbligatori che gravano sull’impresa tipo italiana, con un laboratorio e un negozio, ricavi per 431mila euro, un impiegato e quattro operai di personale, 50mila euro di reddito, espresso in percentuale sui redditi.

“Ci siamo chiesti se ci fosse un modo per calcolare la reale tassazione delle imprese: l’Osservatorio sul fisco curato dal Dipartimento Politiche Fiscali e Societarie nasce proprio dall’esigenza di descrivere la realtà del mondo che rappresentiamo. Questo rientra nel modo di fare rappresentanza e sindacato di impresa” ha detto Daniele Vaccarino, presidente nazionale CNA. “Con questo lavoro siamo andati al fondo delle problematiche e, dati alla mano, abbiamo cercato di tirar fuori delle proposte” ha aggiunto.

Nel rapporto si analizza il peso del fisco sul reddito delle piccole imprese in 137 comuni del nostro Paese e si arriva a calcolare, oltre al Total Tax Rate, anche il giorno della liberazione dalle tasse, ovvero il Tax free day.

La pressione fiscale media sulla piccola impresa tipo italiana, al 61,2% nel 2017 (+0,3%), nel 2018 è destinata a crescere ancora, per raggiungere quota 61,4% per via del previsto aumento della contribuzione previdenziale dell’imprenditore. E così il giorno in cui l’imprenditore italiano si libererà dalle tasse (calcolato sulla media di tutte le città) si allungherà di altre ventiquattr’ore: era il 10 agosto l’anno scorso, sarà l’11 agosto quest’anno.
A ben guardare la situazione emerge una realtà differente a seconda delle città analizzate nello studio: tra Reggio Calabria e Gorizia, dove l’imprenditore tipo sconta e beneficia – rispettivamente – del peso fiscale più alto e più basso d’Italia, ci sono 20 punti percentuali di differenza: 73,4% contro 53,8%.

In questa classifica, le Piccole imprese bolognesi risultano le più tassate d’Italia dopo quelle di Reggio Calabria. “Speravamo in un miglioramento visto che tutti promettono meno tasse per le pmi, ma poi i dati sono peggiori dello scorso anno” fanno sapere dall’associazione bolognese degli Artigiani. Le proposte dell’associazione riguardano in primis l’esenzione dell’Imu sugli immobili strumentali e quella della Tari per chi smaltisce in proprio i rifiuti speciali prodotti nelle aree di lavorazione.

Secondo i dati dell’Osservatorio nel 2018, il 72,2% del reddito di una piccola imprese bolognese verrà assorbito dal fisco nazionale e locale. Lo scorso anno era il 72%. L’azienda comincerà a guadagnare dal 20 di settembre contro la media italiana che si attesta all’11 agosto.
In questo modo Bologna non si schioda dal secondo posto su entrambi gli indicatori (total tax Rate e tax free day) ed è un primato di cui però è molto difficile far andare fiere le imprese.

A Bologna una piccola impresa comincia a guadagnare dal 20 di settembre, dall’inizio dell’anno e fino al 19 settembre col suo reddito paga le tasse: allo Stato, alla Regione, al Comune.

Dal 2011 al 2018 la pressione fiscale sui piccoli a Bologna è cresciuta del 7,6%, focalizzandoci solo sulle tasse comunali dal 2011 al 2018 queste sono salite del 3,8%.

Certamente tra gli interventi fiscali prioritari vi è la richiesta di rendere l’Imu, che viene pagata sugli immobili strumentali delle imprese, completamente deducibile dal reddito d’impresa.
Per quanto riguarda il livello locale, anche quest’anno si conferma come l’Imu e la Tasi a Bologna sia estremamente penalizzante per le imprese per via del fatto che il valore catastale degli immobili è tra i più elevati.

Una delle tasse più criticate dalle imprese bolognesi è la Tari, in particolare quando viene riscossa su imprese che producono rifiuti speciali che vengono smaltiti a spese loro. Le nostre imprese si lamentano tantissimo perché pagano cifre importanti pur smaltendo in proprio. Cna sostiene da tempo che la Tari non dovrebbe essere dovuta per le aree operative dove si producono rifiuti speciali che si smaltiscono per legge a spese proprie. Io stessa in Comune in questi anni mi sono fatta portavoce di richieste che ritengo più che legittime ma tuttora inascoltate.

Naturalmente l’osservatorio non analizza i servizi disponibili alle imprese in ciascun territorio locale né gli incentivi che queste in caso di proposte progettuali innovative e in linea con gli orientamenti dell’amministrazione siano in gradi di raccogliere, fotografa però un dato importante: gran parte dei servizi alla collettività sta in piedi grazie al contributo imprescindibile del nostro sistema imprenditoriale fatto di piccole imprese.

Ciò che preoccupa è che questa situazione di forte pressione fiscale è anche indice di una scarsa volontà da parte delle amministrazioni locali di cogliere la sfida che le piccole imprese d molti anni lanciano e cioè di fidarsi di loro, puntando a trasformare reddito disponibile in investimenti e
dunque ulteriore aumento della produttività da parte delle imprese.

Oggi questo reddito disponibile prodotto dalle imprese finisce in tasse e dunque in servizi pubblici destinati alla collettività tutta. La sfida da raccogliere è a mio avviso quella di siglare un patto di fiducia tra sistema pubblico e sistema privato dove una piccola percentuale del reddito prodotto possa essere lasciata nelle casse dell’impresa con l’impegno da parte di quest’ultima a reinvestirlo, eventualmente anche in progetti per il sociale.

Oggi questa solidarietà è imposta ed è crescente e al contempo sempre più scarsa è la percezione da parte della collettività del valore economico e sociale della piccola impresa.

Occorre evitare di parlare a sproposito di piccoli imprenditori come di evasori seriali perché viene il dubbio che forse gli evasori, quelli veri, vadano cercati altrove e non tra le piccole imprese del ns territorio.