Lunedì 5 novembre 2018 la consigliera comunale PD Giulia Di Girolamo è intervenuta ad inizio seduta in Consiglio comunale sulla recente sentenza di condanna nel Processo Aemilia che stabilisce la presenza della ‘ndrangheta.

Online è inoltre disponibile il comunicato stampa.

La mafia non esiste. Questo è il messaggio che si legge guardando negli occhi gli imputati del processo aemilia dietro le sbarre. Questo si sente dalle urla dei familiari che, durante la lettura della sentenza, manifestano la loro contrarietà alle condanne elencate dal presidente del tribunale Caruso.

Dall’altra parte, Sindaci, giornalisti, parti civili, la parte sana dell’Emilia, che con la propria presenza rivendica l’importante ruolo dello Stato, della giustizia e della ricerca costante della verità.

Due mondi paralleli, due diversi sistemi di valori, chiusi dentro un’aula bunker, giovedì scorso per la lettura della sentenza di primo grado del Processo Aemilia, in cui, come dice Paterlini, “la notizia non è Vincenzo Iaquinta, ma è che ora la verità giudiziaria ha certificato che ‘ndrangheta c’è, da decenni”, una verità certamente scomoda questa ma che ora non potrà più essere negata, da nessuno.

Definita una sentenza storica, con 148 condanne, 1200 anni di carcere Aemilia mette nero su bianco la presenza e il radicamento degli esponenti cutresi della ‘ndrina emiliana, emanazione di quella calabrese che fa capo a Nicolino Grande Aracri. Tra i nomi eccellenti Carmine Belfiore, Gaetano Blasco, Michele Bolognino e Giuseppe Iaquinta.

A 34 degli imputati, condannati con rito ordinario, è stata riconosciuta l’aggravante dell’associazione a delinquere di stampo mafioso. I reati contestati vanno dalla corruzione, all’estorsione, riciclaggio, usura, truffa ai danni dello stato e intimidazioni.

Si parla di vera e propria Processo, che coinvolge non solo affiliati dei clan calabresi ma anche imprenditori, professionisti, politici ed esponenti delle forze dell’ordine emiliani doc, che la ‘ndrangheta a saputo utilizzare al meglio per i propri affari illeciti, sfruttando la debolezza di alcuni imprenditori vessati dalla crisi economica, sostituendosi perfettamente agli istituti di credito legali prestando soldi a tassi di usura soffocanti.