Lunedì 16 aprile 2018 la consigliera comunale Elena Leti  ha presentato il seguente intervento di inizio seduta in Consiglio comunale sulla recente presentazione della nuova scuola di calcio del Bologna che abbatte le barriere della disabilità.

Di seguito è disponibile il testo dell’intervento, tramite link il relativo comunicato stampa.

Il Bologna diverrà la prima società in serie A con una sezione di scuola di calcio per ragazzi disabili. E’ l’approdo del progetto “BFC senza barriere” presentato qualche giorno fa allo Stadio dall’Ara.

Dietro il lavoro di una scuola calcio per disabili ci sono volontariato e passione di veri allenatori, da due anni impegnati nel territorio per far crescere la prima scuola di calcio per disabili riconosciuta e patrocinata.

Cosi l’allenatore Giovanni Grassi, presidente della sezione bolognese parla della loro idea, di sport volta ad accogliere tutti, integrare e fare vedere il mondo esterno.

Lo sport da sempre è stato un canale che attraverso l’idea di gioco e di competizione, ha fatto si di attingere a sentimenti e pulsioni profonde delle persone. Questo per le persone disabili è ancora più vero come concetto. Sia che si parli di gioco tout court o di sport come pratica per dimostrare il proprio valore e quindi di competizione non solo rivolta verso qualcun altro ma anche verso se stessi, lo sport avvicina le persone e questo fa si che si metta un tassello importante sulla strada dell’integrazione.

Questo il primo bell’esempio, ma voglio citare anche un altra bellissima esperienza.

Qualche giorno fa e’ apparso sul giornale la storia di Noah un ragazzo affetto da epilessia.

In una scuola primaria di Riccione, una insegnate, agli alunni della sua classe ha insegnato il pronto intervento, riferito ad un alunno malato di epilessia. Gli incarichi di emergenza scritti su di un tabellone hanno riguardato la suddivisione dei compiti: chi deve prendere il farmaco dal cassetto, chi deve occuparsi del cuscino, chi va a chiamare il bidello.

Così ci racconta la maestra, la bravissima insegnate, Elena Cecchini di 43 anni, “ Occorre raccontare l’Epilessia di Noah ai bambini perché il modo conta. A loro va sempre detta la verità. Nessuna versione romantica o edulcorata della malattia, loro capiscono”.

Un esempio virtuoso di come una malattia invalidante, che costituisce un elemento discriminatorio nei confronti degli altri, perché comunque sei percepito come diverso, diventi invece una occasione di lavoro di squadra. Fare comunità.

La scuola e lo sport i luoghi deputati alla crescita individuale e collettiva delle giovani generazioni, costituiscono vere e proprie scuole di vita dove meglio si raccolgono le difficoltà e i disagi, delle bambine e dei bambini, e dove insegnanti o educatori sportivi di questo calibro fanno la differenza.

In questi due esempi virtuosi appena citati, ravviso e ritrovo, una idea di società che condivido, che è la mia idea di società, dove le fragilità non rappresentano un elemento di emarginazione sociale e culturale, ma si trasformano e diventano occasione di crescita, di sviluppo e di condivisione.

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