Lunedì 13 febbraio 2023 è stato approvato all’unanimità un ordine del giorno in Consiglio comunale riguarda l’istituzione nella città di Bologna di una Giornata della memoria per le vittime del colonialismo italiano. L’ordine del giorno è stato, tra l’altro, dalle consigliere e dai consiglieri comunali PD Rita Monticelli, Giorgia De Giacomi, Roberta Toschi, Mery De Martino, Giulia Bernagozzi, Claudio Mazzanti, Maurizio Gaigher, Vincenzo Naldi, Mattia Santori,

Di seguito il testo dell’ordine del giorno approvato in aula durante la medesima seduta.

OGGETTO: Impegno per il Sindaco e la Giunta ad istituire nella Città di Bologna la Giornata della memoria per le vittime del colonialismo italiano, da svolgersi a Bologna il 19 febbraio, in ricordo
delle vittime africane durante l’occupazione coloniale italiana.

IL CONSIGLIO COMUNALE di BOLOGNA

PREMESSO CHE

– studi approfonditi e ben documentati hanno stimato in almeno 700.000 le persone vittime del colonialismo italiano in Eritrea, Libia, Etiopia, Somalia e Balcani, iniziato con i governi liberali nella seconda metà del 1800 e culminato con il fascismo;

– è stato ampiamente provato il largo uso di aggressivi chimici contro le popolazioni locali, utilizzati sporadicamente in Libia, e massicciamente in Etiopia dove, nel corso degli anni 1935-39, vennero impiegate non meno di 500 tonnellate di gas chimici;

– è stato ampiamente documentato l’uso dei campi di prigionia, in Eritrea, nell’isola di Nocra, in Cirenaica, ad Agedabia, Marsa Brega, Sidi Ahmed el-Magrun, el Abiar, el Agheila e Soluch, in
Somalia, a Danane;

– sono state registrate ed ampiamente documentate in particolare tre stragi di eccezionale gravità di cui, nel nostro paese, anche nelle scuole, non si ha alcuna memoria: l’eccidio di Addis Abeba del
19-21 febbraio 1937 che portò, in diverse ondate, a oltre 20.000 morti, ricordati dal memoriale Yekatit 12 eretto in una piazza centrale della capitale etiope; il massacro del monastero di Debre Libanos del 21-29 maggio 1937 con l’uccisione di circa 2.030 persone, tra cui 30 invalidi, 1.600 monaci, 124 diaconi, 276 insegnanti; la mattanza di Caia Zeret, tra il 9 e l’11 aprile 1939, con l’uso di gas tossici nella grotta Amazegna Washa da parte del plotone chimico della Divisione Granatieri di Savoia e le successive fucilazioni sistematiche dei prigionieri, per complessivi 2.000 morti;

– Con gli stessi criteri di violenza e disumanizzazione del “nemico” è stata condotta, durante la seconda guerra mondiale, l’occupazione dei Balcani: pochi ma lunghi anni di sofferenza per le popolazioni locali, con quasi 30mila morti, rappresaglie feroci, decine di migliaia di persone deportate nei campi di concentramento, centinaia di villaggi distrutti. Nel luglio del 1943, ad esempio, vicino a Mallakasha, furono massacrati centinaia di civili;

– Rientra in questo orribile contesto anche il saccheggio di un enorme patrimonio artistico-religioso con il furto sacrilego sistematico di chiese e monasteri (in particolare a Debre Libanos) e di tesori
inestimabili. Un saccheggio ancora in sospeso perché, pur avendone assunto ufficialmente l’impegno con il trattato di pace del 1947, l’Italia non ha restituito nulla di questi tesori all’Etiopia, a parte la Stele di Axum, riconsegnata al governo di Addis Abeba solo nel 2005, non senza irresponsabili polemiche.

– Prima ancora di quelle antisemite del novembre 1938, proprio nelle colonie africane l’Italia ha sperimentato feroci leggi razziali introducendo nel 1936-37 un rigido regime di apartheid culminato ad esempio in provvedimenti quali: le “Sanzioni per i rapporti d’indole coniugale tra cittadini e sudditi”, del 19 aprile 1937, le “Sanzioni penali per la difesa del prestigio di razza di fronte ai nativi dell’Africa italiana” del 29 giugno 1939 con cui si vieta il matrimonio con individui di razza camitica, semitica e di altre razze non ariane, le “Norme relative ai meticci” del 13 maggio 1940, che aboliscono la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana per gli abitanti indigeni, per le italiane sposate a sudditi, ai figli di africani, ai bambini di sangue misto, agli indigeni che prestano servizio
militare o civile presso l’amministrazione dell’Africa Orientale Italiana;

– A fronte di questi incontestabili fatti storici, molti comuni Italiani celebrano ancora il colonialismo italiano con i nomi-simbolo dati a piazze, vie, viali, larghi, ponti, palazzi o con lapidi, steli, busti,
addirittura monumenti: nomi-simbolo la cui “presenza muta” perpetua di fatto quel senso di superiorità imperiale che ne sono la radice e di cui restano intrisi. Appare evidente, in altri termini, come non sia stata mai avviata una efficace, radicale riflessione collettiva sui crimini del colonialismo italiano, sulle sue ragioni e le sue conseguenze. Eppure è più che evidente come, per essere credibili, non si possano continuare a ricordare solo le stragi subite e non anche e forse ancora di più quelle commesse;

CONSIDERATO

– che Bologna vuol fare della lotta al razzismo e ai pregiudizi, dell’accoglienza, e della salvaguardia della memoria storica un punto essenziale della propria azione politico-amministrativa;

– che la schiavitù, il razzismo, il colonialismo, seppure tuttora presenti in molte parti del mondo, da valori condivisi sono diventati disvalori combattuti ed è fortemente auspicabile che anche la guerra,
con un necessario, ulteriore salto di civiltà subisca questo processo di rifiuto e di esclusione dal novero delle relazioni umane accettate;

– che c’è già una proposta di legge giacente in Parlamento dal 23 ottobre del 2006, ispirata da Angelo Del Boca ma mai presa in considerazione e che è ormai tempo di dare memoria alla memoria, raccontando la storia anche dalla parte delle vittime, perché le atrocità coloniali degli italiani non continuino ad essere colpevolmente ignorate o maldestramente “lavate via” dalla coscienza nazionale

IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA

– a istituire a Bologna, proprio in quanto città che presenta più di altre numerose tracce-simbolo di questo pesante passato, la Giornata della memoria per le vittime del colonialismo italiano, da
svolgersi il 19 febbraio, in ricordo delle vittime africane durante l’occupazione coloniale italiana;

– a modificare conseguentemente le targhe di una serie di strade o piazze ispirate al colonialismo, riportando sulle stesse una spiegazione, in caratteri più piccoli sul margine inferiore che faccia
riferimento agli episodi storici, in gran parte autentici crimini – iniziando da quelle che sono state luogo di eccidi e stragi;

– a fare in modo che la Commissione Toponomastica del Comune si faccia carico di intitolare luoghi pubblici cittadini non più a nomi di luoghi o magari a episodi che riportino al colonialismo ma ad
altre figure come ad esempio Angelo Del Boca, Zerai Deres, Omar el Mukhtar, Ilio Barontini. A Paulus e a coloro che fondarono il giornale “La Voce degli Abissini”: Domenico Rolla, Petrus e
Anton Ukmar, Johannes. O, ancora, alla Banda Mario, formata da partigiani stranieri provenienti dalle colonie, e agli Arbegnuoc, i combattenti etiopici che, dopo la fine ufficiale della guerra
d’Etiopia e l’esilio di Hailé Selassié, si opposero strenuamente all’occupazione e alla perdita dell’indipendenza.

f.to.: S.S. Negash Idris, R. Monticelli, G. De Giacomi, R. Toschi, M. De Martino, G. Bernagozzi, C. Mazzanti, M. Gaigher, V. Naldi, M. Santori, G. Tarsitano, S. Larghetti, D. Begaj, P. Marcasciano.