Lunedì 8 ottobre 2018 la consigliera comunale Gabriella Montera ha presentato il seguente intervento di inizio seduta sui recenti eventi legati alla legge 194.

Di seguito il testo dell’intervento, tramite link e negli allegati è inoltre consultabile il comunicato stampa.

Abbiamo letto in questi giorni che il Consiglio comunale di Verona, nella seduta del 4 ottobre scorso ha approvato una mozione, sottoscritta anche dal gruppo Partito Democratico, che dichiara ufficialmente Verona ‘Città a favore della vita’ e che si ripropone di inserire nell’assestamento di bilancio un congruo finanziamento alle associazioni cattoliche che promuovono iniziative contro l’interruzione volontaria della gravidanza.

L’origine di questa iniziativa istituzionale risale alla fine del luglio scorso, quando, in occasione della ricorrenza del 40° anno dall’entrata in vigore della L.194, alcuni consiglieri della Lega avevano presentato due mozioni, quella appena approvata ed un’altra che proponeva la ‘sepoltura automatica dei bambini mai nati’, anche contro la volontà della donna coinvolta.

Nel Consiglio comunale di Bologna era stato subito ripreso il tema e fra gli episodi riplorevoli di quella seduta denunciati da alcune consigliere, ricordo il saluto romano rivolto da un consigliere della Lega ad alcune attiviste di “Non Una di Meno”, in segno di spregio per il dissenso espresso tramite la loro presenza silenziosa in aula.
Giovedì scorso il Consiglio comunale di Verona ha approvato la prima mozione presentata a luglio, rimarcando alcuni punti per ‘approfondire gli aspetti sociali e culturali prodotti dalla L.194’.

Cito alcuni paragrafi in maniera letterale perché mi sembrano molto eloquenti:
‘la legge 194 si proponeva di contrastare l’aborto clandestino, mentre ha contribuito ad aumentare il ricorso all’aborto quale strumento contraccettivo e non ha affatto debellato l’aborto clandestino’;
‘gli aborti legali, effettuati dal 1978 ad oggi sono circa 6 milioni, senza contare le uccisioni nascoste prodotte dalle pillole abortive e dall’eliminazione degli embrioni umani sacrificati nelle pratiche della procreazione medicalmente assistita’;
‘le statistiche annuali degli aborti mostrano un leggero calo negli anni, ma non tengono conto delle varie pillole abortive: manca all’appello una popolazione di 6 milioni di bambini, che avrebbero impedito il sorgere dell’attuale crisi demografica’.

Mi permetto di evidenziare sommessamente che nella relazione presentata al Parlamento sul numero di Interruzioni Volontarie di Gravidanza relativi all’anno 2016, i dati forniti dalle Regioni e rielaborati dall’Istat e tutti gli indicatori, confermano il trend in diminuzione del fenomeno che nell’ultimo triennio si è attestato complessivamente al di sotto dei 100 mila; che le cittadine italiane che fanno ricorso all’IVG per la prima volta sono scese al di sotto di 60 mila e se ci fosse il tempo potremmo entrare nel dettaglio di questi numeri.
Preme ricordare alle istituzioni repubblicane che accolgono iniziative volte a contrastare e a demonizzare il legittimo ricorso all’interruzione di gravidanza che le leggi vanno applicate e la L.194 è finalizzata a favorire la maternità responsabile e l’autodeterminazione delle donne.

Giova anche evidenziare che il 28 settembre ricorre la giornata internazionale per l’aborto sicuro e legale, giornata passata sotto il silenzio generale e promossa da una iniziativa partita dall’America Latina e dai Caraibi, che oggi coinvolge centinaia di organizzazioni in tutto il mondo.

L’accesso alla contraccezione dovrebbe essere universale e garantito per dare maggiore libertà di scelta alle donne. Le restrizioni legali sono infatti tra le cause di incremento degli aborti clandestini, praticati in condizioni igieniche spesso pericolose, quando non mortali per le donne costrette a ricorrevi. Eppure l’aborto clandestino è un problema di salute pubblica, riconosciuto da quasi tutti i governi e secondo l’OMS anche una questione di diritti umani.

I governi hanno l’obbligo, secondo le legislazioni nazionali e le convenzioni internazionali sui diritti umani, di garantire i più alti standard di tutela della salute, di non attuare discriminazioni e di garantire ad ogni persona di non dover subire trattamenti disumani e degradanti.

Ora io non credo all’automatismo che ‘fatta la norma risolti i problemi’, anzi penso che sia necessario riprendere alcuni interventi già contenuti nelle linee di indirizzo della Regione Emilia Romagna per la tutela sociale della maternità e sull’ IVG che prevedono il potenziamento degli interventi integrati fra i servizi socio-sanitari, al fine di realizzare piani di assistenza personalizzati per la salute sessuale, relazionale e riproduttiva delle singole donne e della coppia, così come l’incremento delle attività per la diffusione della cultura della prevenzione rivolta a tutte le donne ed in particolare alle donne immigrate.

Ma non si possono neppure accettare parole e iniziative che restringono il campo dei diritti e delle conquiste sociali degli ultimi 40 anni, trasformandoli in azioni criminali e omicide.

Concludo citando un passo di Stefano Rodotà dal suo libro il Diritto di avere Diritti:
‘ai diritti e alle loro dinamiche, bisogna dunque guardare come a un processo mai compiuto, soprattutto nel senso che i diritti sono perennemente insidiati, sono sempre a rischio, e perciò esigono strategie di difesa e di attivazione’.

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