Lunedì 26 febbraio 2018 la consigliera comunale Federica Mazzoni è intervenuta ad inizio seduta sul tema delle malattie rare in campo pediatrico.

Di seguito è disponibile il testo dell’intervento, in allegato il comunicato stampa.

Sabato scorso ho avuto il piacere e la responsabilità di portare i saluti del Sindaco e dell’Assessore alla Sanità Barigazzi al convegno “Bologna e le malattie rare pediatriche”, un’iniziativa dell’Associazione Fiori di Campo attraverso la sua Presidente Elisa Bertieri e tutte le loro associate, a sostegno del Centro malattie rare pediatriche del Sant’Orsola Malpighi che si è tenuto nella sala Auditorium Enzo Biagi in Sala Borsa, iniziativa che si inserisce nell’ambito della 3’edizione delle Giornate bolognesi di approfondimento e sensibilizzazione sul tema fortemente volute dall’Associazione e sostenute anche dalla nostra Amministrazione comunale.

L’occasione è quella della Giornata Mondiale delle Malattie Rare che ricorre il 28 febbraio e lo scopo è anche quello di far conoscere maggiormente alla cittadinanza lo straordinario lavoro del Centro Malattie Rare Pediatriche del nostro Policlinico Sant’Orsola; istituito nel 1984, dal 2010 è stato riconosciuto come Centro Hub regionale di riferimento per questo tipo di patologie, e in realtà è un polo farò a livello nazionale. Organizzato secondo un modello di alta specializzazione in collegamento con ospedali e specialisti del territorio che seguono i piccoli pazienti dalla ricerca della diagnosi, alla diagnosi, fino ai percorsi di terapia e sostegno. Siccome le eccellenze e anche i migliori modelli non nascono dal nulla ma sono sempre radicati in contesti fisici e culturali adatti a farli crescere e si sorreggono costantemente sulla professionalità, la dedizione e sulla passione delle persone che ci lavorano è indispensabile essere franchi e riconoscere che oggi, come negli anni, il Centro non sarebbe tale se non fosse diretto dalla Professoressa Laura Mazzanti che con la sua équipe multidisciplinare composta tutta da professioniste donne -e anche questo non mi pare un caso, anche parlando con loro stesse- segue oltre 3348 pazienti, di cui 1736 con malattia rara identificata.

Le patologie rare vengono così definite quando interessano meno di una persona ogni duemila, l’elenco nazionale né prevede 600 raggruppate in 400 categorie, ma si stima che siano tra le 6000 e le 8000.

Ma cosa significa avere malattie rare, o per meglio dire, usando le parole di Sonia Cianci, vice Presidente dell’Associazione Per Crescere e paziente, “essere rari”?

Vuol dire pellegrinare a lungo per ottenere una diagnosi, con la certezza da parte delle famiglie che qualcosa non vada, ma l’incertezza di riuscire a curare e a far stare il meglio possibile i propri figli, significa sapere che i “normali” parametri non sempre funzionano e sin da bambini fino a quando si diventa più grandi vuole anche dire cercare disperatamente qualcuno come sei tu, per non sentirti unico al mondo, in quel modo che ti isola e non riesce a far comprendere davvero la tua situazione. E ovviamente si deve tenere conto della scarsità dei percorsi assistenziali e terapeutici strutturali, così come delle difficoltà materiali, delle paure; per la diversità rispetto a una norma, a un’aspettativa, per la rarità che può comportare solitudine, discriminazione dei bambini e delle famiglie, per la cronicità che non prevede guarigione e che preoccupa molto i genitori rispetto al che ne sarà dei loro figli dopo di loro, questo ci hanno raccontato le mamme e i papà che hanno figli in cura, commuovendovi insieme a loro e catapultandoci nella loro realtà quotidiana di paure e grande coraggio.

Cercando di tenere conto di tutto questo sabato ho portato il mio saluto istituzionale, con delicatezza ma determinazione, perché se è vero che il Comune non ha una competenza diretta sulle politiche sanitarie, può e deve fare molto per fare in modo che il Centro della Malattie Rare pediatriche, le sue professioniste e i bambini e le loro famiglie che sono in cura non si sentano soli o disorientati, rispetto a servizi socio sanitari e assistenziali, percorsi educativi e scolastici, vivibilità della città e tutela e valorizzazione delle loro differenza. E non importa quanto statisticamente siano rilevanti i numeri di queste patologie, Bologna città dei diritti lo è e lo deve essere per ciascuno e ciascuna, partendo dall’assunto che le indispensabili azioni strettamente cliniche e sanitarie non possano prescindere dalla qualità della vita e dal guardare la persona, in questo caso il bambino, molto oltre la sua malattia.

Bologna deve dare l’opportunità a ognuno di loro e alle loro famiglie di “ordinare i dati della vita in modo originale e personale” uso qui le parole della Dottoressa Maura Foresti del Centro, in modo possano dare un senso giusto e buono per loro stessi alla loro esistenza.