Lunedì 14 maggio 2018 il capogruppo PD in Comune  Claudio Mazzanti ha presentato il seguente intervento riguardo alla lotta al gioco d’azzardo e per combattere la ludopatia a Bologna.

Naturalmente anch’io sono soddisfatto per il lavoro svolto, per quello che è stato fatto e aver posto un limite. Io però pongo un altro tema, perché sarebbe ipocrita – e noi ipocriti non lo siamo – se, oltre a discutere di questo, non si affrontasse il tema nella sua globalità.

Chi di voi in questi giorni ha guardato la televisione, la pubblicità su tutte le reti private e pubbliche, abbiamo nuovissime pubblicità che invitano al gioco d’azzardo on line, addirittura ce n’è una molto interessante che dice “portati in casa il casinò” e ti mandano, se tu aderisci, un kit dove puoi giocare a tutti i giochi che si giocano al casinò: chemin de fer, roulette e tutti gli altri. Tra l’altro questa bellissima confezione te la mandano gratis, non è che la paghi e la restituisci nel momento in cui decidi di non giocare più. Oppure anche l’ultimo gioco, anche questo pubblicizzato ampiamente a tutte le ore del giorno, della sera, in ogni dove.

Quindi l’operazione che stanno portando avanti è un fenomeno non nuovo. Se voi parlate o avete occasione di parlare con persone del ramo, vi spiegheranno che negli Stati Uniti c’è la crisi sia dei casinò, a Las Vegas stessa moltissimi locali chiudono perché ormai il gioco d’azzardo negli Stati Uniti, così come sta accadendo anche in alcuni Paesi europei, è per la stragrande maggioranza giocato on line.

Perché ho fatto questo riferimento a questi fatti? Perché il gioco d’azzardo legale che ha eliminato in parte, non del tutto, il gioco d’azzardo clandestino, essendo una delle fonti primarie degli Stati per finanziarsi, incontra difficoltà a far recepire questo meccanismo di contenimento. Ad esempio, in Inghilterra, voi sapete che scommettono su tutto: su quante volte va in bagno la regina, su quante volte un semaforo diventa rosso o verde nell’arco delle ventiquattr’ore. Scommettono su tutto e là hanno lo stesso problema che abbiamo noi, però anche là il gioco d’azzardo è fonte primaria di introito per lo Stato.

Per quel che riguarda l’Italia ricordo che, per quante volte la Conferenza Stato-Regioni si sia riunita, o per un motivo o per l’altro, non hanno mai trovato un accordo fra Stato e Regioni per cercare di contenere questi fenomeni. Sostanzialmente per due ordini di motivi: il primo sulla ripartizione degli introiti, ovvero quanto del gioco d’azzardo complessivo va agli enti locali e quanto del gioco d’azzardo complessivo si trattiene lo Stato. Tra l’altro con motivazioni nobili, perché la parte economica e finanziaria veniva trattata dopo, ma era determinante nell’invio degli ordini del giorno, guarda caso in sede di Conferenza Stato-Regioni. Ogni volta che si arrivava al conquibus, una volta la Lombardia, una volta l’Emilia, una volta il Veneto, una volta la Puglia, tutte le volte c’era un motivo per non chiudere mai la Conferenza stessa. Credo che questo debba essere indicativo della situazione.

Noi che cosa abbiamo fatto? L’Emilia-Romagna, insieme ad altre Regioni, la Liguria, abbiamo fatto una legge rigidissima che però, appena c’è stata la rivolta dei gestori, si è bloccata la legge con un decreto e ci si è impegnati a riscriverla. Stessa cosa è successa in Piemonte e altre Regioni, hanno tanto abbaiato, ma poco hanno fatto e non hanno prodotto dei provvedimenti, anche perché presumo che si aprirà un enorme contenzioso legale di quelli piuttosto forti per due ordini di motivi molto semplici.

Il gioco d’azzardo a livello nazionale si compone di tante famiglie, ognuna con una legge di riferimento particolare e ognuna con normative sue, tanto perché noi italiani ci mettiamo del nostro, nella semplificazione dei processi siamo maestri! Io credo che, se noi vogliamo in qualche modo uscire da questo discorso, come prima è stato detto, occorre assolutamente che lo Stato recepisca una norma quadro, che metta tutti nelle condizioni di operare in sicurezza per evitare contenziosi o, come avvenuto in Piemonte e Lombardia, atti che hanno portato al blocco della legge. Poi ci sono alcuni Comuni che su questo hanno prodotto, sono andati avanti, alcuni hanno perso l’impugnativa, altri hanno vinto. Io credo che sia stata fatta una legge regionale che globalmente dovrebbe tenere e oltretutto dovrebbe anche sopportare una reazione da parte di strutture, soprattutto quelle del gioco diffuso (bar, tabaccherie e quant’altro), che sicuramente vedono in questa attività – purtroppo anche circoli ricreativi – un loro introito primario anche rispetto all’attività vera e propria del locale. Quindi credo che, Assessore, ci dovremo armare di santa pazienza, ne abbiamo già tanta, ne abbiamo da vendere anche, e gestire questa fase delicatissima di passaggio, in attesa di una norma quadro nazionale, tenendo conto di cosa significa il gioco e tutte le implicazioni economiche e sociali che questo ha.

Per quanto riguarda il problema delle ludopatie, fenomeno certo reale, vero che c’è, vediamo i dati che la USL ci dà e ci presenta, però stiamo attenti perché o noi riusciamo in questo modo a trovare un meccanismo di compensazione tale da poter dare un segnale forte di cambiamento, anche da un punto di vista sociale, altrimenti credo che il rischio, se non ben controllato e ben governato, sia di aprire una marea al gioco on line o, in alternativa, soprattutto in alcune realtà nazionali al gioco d’azzardo come attività malavitosa che, sappiamo bene, da anni ha creato. Pertanto ringrazio la Regione, ringrazio la Consigliera Di Girolamo, che su questo ha impiegato tantissimo del suo tempo e ha lavorato anche con un occhio ben presente su cosa significa la catena del gioco d’azzardo rispetto alle attività poco chiare che molte volte gravitano intorno a questo.

Ringrazio l’Assessore, la Giunta. Però spero che tutti noi, l’ANCI in prima persona e l’Associazione delle Regioni chiedano al Governo centrale una legge quadro nazionale che chiarisca bene i rapporti e quali sono i punti di caduta che noi vogliamo, altrimenti vedo estremamente difficoltoso uscire da quella che viene definita un’abitudine, un vizio, una passione che è il gioco d’azzardo, ma che c’è, è in noi, è vicino a noi, la viviamo quotidianamente e la percepisco pure io, anche se personalmente non gioco, non ho mai giocato e poi sono un po’ tirchio, quindi figuratevi se vado a buttare il mio lavoro dentro una macchinetta, manco morto, manco se mi sparano!

Detto questo, credo che uno dei dati che noi dobbiamo verificare è proprio questo: un punto di equilibrio per arrivare ad avere dei risultati ottimali. Non so se risolveremo mai il problema, personalmente non ci credo, ma auspico che si possa imboccare una strada che ne riduca l’impatto, che cerchi di contenere e reprimere il fenomeno e porti ad un recupero, un recupero sociale, culturale e sanitario che questo problema pone.