Lunedì 15 gennaio 2024 la consigliera comunale Rita Monticelli ha presentato un intervento di inizio seduta in Consiglio comunale dal titolo ““Un’altra riva”: ricordando Arrigo Chieregatti”.

E’ possibile accedere qui al video dell’intervento in aula.

Di seguito il testo dell’intervento in aula.

“Un’altra riva”: ricordando Arrigo Chieregatti

E’ morto Arrigo Chieregatti, il prete ‘scomodo’, una figura importante per la città di Bologna, come ricordava il Sindaco Matteo Lepore, un “pioniere” come lo pensa il Cardinale Zuppi

Il funerale sarà celebrato oggi da Don Matteo, alle 14, mentre lo stiamo ricordando. Non gli sarebbe piaciuto alcun eufemismo per questo passaggio, che considerava “un’altra riva del sé” –
come riporta anche Ilaria Venturi nella stampa. La morte era per lui un’altra dimensione, più profonda del sé, un incontro tra differenze finalmente solidali ed ‘essenziali’, quella essenzialità che appartiene alla comune umanità, ma anche alla natura e a tutti i suoi abitanti; non una ricerca conclusa tra dissonanze, ma un’armonia in Dio, un Dio che – credo di poter interpretare Don
Arrigo – sarà quello di tutti, come ce lo siamo immaginati e come non siamo stati capaci di immaginare, in cui abbiamo creduto e in cui non abbiamo creduto. Ognuno troverà il proprio Dio che sarà forse quello interculturale e interreligioso che Arrigo ci ha insegnato, o meglio, verso il quale Arrigo ci ha indicato le strade. Lo dico al plurale, perché Arrigo è stato uno dei primi studiosi a credere nell’interculturalismo e nel dialogo interreligioso.

Un dialogo che lui aveva ricercato incontrando davvero le altre culture e religioni, studiandole, ma soprattutto vivendole. Gli incontri all’Università con Vittorio Capecchi, Andrea Canevaro, Antonio Genovese, con Bruno Amoroso, con studiosi di Don Milani – ricordo il pedagogista Paolo Perticari, anche lui scomparso troppo presto, gli interventi per la rivista canadese-italiana InterCulture; Luce Irigaray che lo considerava tra gli studiosi più importanti e aperti, Franco Battiato nelle meditazioni condivise e il viaggio a Montesole, Kalpana Das. E soprattutto quel genio interculturale e interreligioso di Raimon Panikkar che divenne, insieme ad Arrigo, riferimento visionario culturale, per molti di noi, fondativo. Arrigo era ancora di più ‘radicale’ di Panikkar, totalmente a favore del rispetto e mantenimento delle culture originarie, contro l’integrazione come assimilazione e ‘conversione’ del diverso nel medesimo. Già vent’anni fa Arrigo aveva questa visione: “La Cultura è qualche cosa di innato quasi un DNA, non è un fatto superficiale come per noi invece sta tentando di diventare. La presenza di altre culture in Italia penso sia un arricchimento. L’importante è che tutti abbiano la libertà di scegliere, di rimanere nella propria cultura (e saranno la maggioranza assoluta quelli che lo decideranno). La ricchezza della presenza di culture diverse è fondamentale anche per scoprire le dimensioni delle nostra, mettiamo così in discussione le nostre certezze perché ci sono altre ‘certezze’ altrettanto importanti quanto sono le nostre. Io credo che i nostri grossi problemi compresi quelli economici, potrebbero avere un aiuto non indifferente da culture diverse che vengono da lontano”

Vorrei avere 90 ore – come gli anni che Arrigo avrebbe compiuto – per citare i nomi, come sarebbe giusto, di tutte le persone che hanno ricevuto da Arrigo guida e umanità, un mondo che ha attraversato davvero tante differenze e tante diverse prospettive umane, politiche e culturali. Arrigo prete operaio, nei campi nomadi, psicologo, Arrigo Docente, Arrigo scrittore, saggista, pedagogista, interculturalista, Arrigo prete, sacerdote. A ben vedere – ci piaceva chiamarlo MultiArrigo – tra le tante esplorazioni e manifestazioni di sé, una sola ricerca al cuore di tutte, la
ricerca di un senso, di un significato, di sempre nuovi umanesimi per una umanità a volte ferita, a volte cieca, a volte luminosa. [[Ho lavorato per un certo tempo con lui, affiancandolo quando fu rettore al collegio San Carlo di Modena, e per la rivista che dirigeva, abbiamo fatto convegni e dibattiti insieme, da cui ho sempre imparato.]] Alcuni di noi fatto ricerche sull’intercultura a Malfolle, quel luogo sperduto, ma non dimenticato da Dio, in cui ci si trovava a studiare, e per imparare a meditare in silenzio (io ovviamente non ero molto brava) con monaci francescani, buddisti e religiosi induisti. In quell’Ashram interreligioso di meditazione che Arrigo e Luigina Bussandri avevano coltivato.

L’Arrigo che ho amato di più è sempre stato quello mistico, spirituale, quello che ogni omelia preparava con devozione e rispetto, quello che abbassava gli occhi quando parlava di Dio o del Dio che trovava nel dolore degli altri, ma anche nella gioia incontrollata dei bambini o nella bellezza della natura. Quella ‘riva’ individuale e collettiva della spiritualità che sapeva trascendere le differenze, senza negarle. Mentre parlo, so di sembrare retorica, ma non ho parole migliori. Litigare con Arrigo mi ha insegnato che si può entrare in conflitto senza temere dicadere in disgrazia, – lavoro in un mondo bene diverso –. Adesso chi ci sarà dopo di lui? Questa è una domanda complessa per personalità e guide così forti e importanti. Basterà, ce lo chiedevamo proprio con lui, come abbiamo fatto per Raimon Panikkar, cogliere il testimone, studiarlo, testimoniarlo? continueremo ad aver bisogno di lui attraverso altri testimoni, che portino avanti il suo cammino. Forse su questo sarebbe importante riflettere. [[Non so cosa ne sarà di Malfolle, ce lo dirànno altri, tra cui immagino il Cardinale Zuppi, ma ]] La vita di Arrigo vorremmo che non rimanesse solo storia, ma memoria attiva e riattivata, memoria di Arrigo, ma soprattutto continuità di quel cammino verso il senso della vita e dell’impegno. Non deve essere un pezzo di storia che se ne va, ma una memoria viva che rimane e continuerà a generare. Grazie Arrigo, ci mancherai, ma sappiamo che continuerai a vivere in altre dimensioni, accanto a noi.